L'Itinerario
La porzione di territorio che appartiene al comune di Salve, a ovest del centro abitato della marina di Pescoluse, si presenta sorprendentemente ricca di ritrovamenti di carattere archeologico e naturalistico. Camminando attraverso i campi e la macchia mediterranea si percepisce il profumo di salsedine per la presenza del mare Jonio che rimane nascosto, ma presenza costante. Lungo il cammino si incontreranno i Dolmen Argentina, masserie, grotte e l'antica Necropoli.
Caratteristiche in breve
Punti di interesse
Casina SerrazzaSalve [LE]
Troviamo la graziosa Cappella del SS. Crocefisso, costruita nel 1593 da don Ferrante Delli Falconi. Secondo la tradizione orale ogni anno, nel mese di settembre, veniva celebrata una piccola festicciola ed era presente sull’altare, oltre all’icona di Sant’Antonio, un pregevole dipinto del Crocifisso. Dalla sommità della Serrazza facciamo ritorno verso il mare, luogo di partenza di questo cammino nei millenni, passando di nuovo dalla località Terramascia.
Salve [LE]
L’interno è composto da due piccoli ambienti sulle cui pareti sono riconoscibili, con molta fatica, delle figure di santi, barbuti e con l’aureola. Accanto a uno di essi è leggibile una scritta, “Panta”, che sembra alludere a San Pantaleone, figura molto cara ai monaci italo - greci che qui probabilmente celebravano le proprie funzioni liturgiche.
Marina di Pescoluse - Salve [LE]
L'uso funerario del dolmen è soltanto ipotizzabile in quanto non si sono rintracciati, all’interno, resti di ossa o di vasellame - evidentemente asportati in età antica, poiché la fossa all’interno, scavata nella roccia per una profondità di poco più di un metro, risultava già vuota nel 1968, anno della scoperta del monumento. Oltre a questa struttura inusuale, per metà ipogea e per metà apogea, si aggiunge un altro elemento insolito: l’orientamento della sua apertura. Di solito i dolmen hanno un orientamento verso est; al contrario, il dolmen Argentina - Graziadei si rivolge a ovest, come se i congiunti del defunto, in un atto estremo di pietà e di affetto, avessero voluto regalare al proprio caro la vista verso il tramonto sul mare.
Salve [LE]
Una leggenda molto conosciuta a Salve racconta di un giovane pastore che, entrato nella cavità per inseguire alcune pecore sfuggite al gregge, intravide una macina di pietra. Al posto delle olive c’erano però dei sassolini d’oro; per incanto la macina si mise in moto, producendo una sottile polvere dorata. Il pastorello corse immediatamente in paese per informare i salvesi del prodigio, e alcuni di loro decisero di seguirlo per verificare la notizia. Una volta giunti all’interno della grotta, constatarono in effetti la meraviglia e si precipitarono a toccare la polvere preziosa. Ma proprio in quel momento la macina si fermò, l’oro si trasformò in olio e sulla macina comparve la scritta: “stolti che non siete altro, vivete nell’oro e non lo sapete apprezzare”. L’oro, per metafora, è quello liquido dell’olio d’oliva, che è la vera ricchezza e l’espressione più tipica del territorio salentino.
Salve [LE]
La Chiusa è un piccolo pianoro dove sorgeva un abitato fortificato non più esistente: gli abitanti di Salve lo chiamano, secondo una tradizione storiografica cinquecentesca, “Cassandra”. Una campagna di scavi è stata condotta alla fine degli anni Ottanta da un’equipe di archeologi australiani, che hanno ricostruito le vicende di quest’antico insediamento, esteso circa 3 ettari e cinto da un’imponente muraglia, sul cui basamento oggi passa la strada. Le indagini stratigrafiche raccontano che questa città ha avuto periodi di abbandoni e di ripopolamenti; sono stati rinvenuti oggetti cultuali prevalentemente locali ma anche provenienti da Corfù. Le vicende di “Cassandra” si interrompono intorno al 470 a.C., forse in conseguenza dei rapporti sempre più tesi tra i Messapi e i Tarantini, e si suppone che questo sito venne abbandonato non in conseguenza di una distruzione violenta ma per scelta dei suoi stessi abitanti, che si trasferirono nella poco distante Vereto, una città più grande e meglio protetta.
Salve [LE]
In un’area di circa cento ettari d’estensione sono stati individuati ben 91 tumuli funerari, la cui scoperta è avvenuta nei primi anni del Duemila. Da sempre questi mucchi di sassi erano stati considerati semplici spietramenti da parte degli agricoltori e sono rimasti pressoché ignorati per millenni, preservando così il sito. Gli scavi archeologici, complessivamente durati quasi dieci anni e conclusi per il momento nel 2014, su dodici tumuli hanno dato dei risultati che hanno aggiunto nuove conoscenze all’archeologia. La peculiarità, oltre alla vastità dell’estensione, è che viene attestata per la prima volta la compresenza, in una stessa fossa, del rito dell’incinerazione e dell’inumazione: i corpi dei defunti venivano cremati oppure sepolti. La necropoli di Salve, secondo datazioni di carboni e resti umani, ebbe un uso di almeno 1000 anni, dalla metà del IV millennio fino agli ultimi secoli del III millennio a.C.. Sua testimone e silente sentinella, da circa cinque secoli, è stata la Masseria Don Cesare, che dà il nome a tutta l’area.
Salve [LE]
Artisti e intellettuali, dopo aver girovagato e vissuto esperienze in vari Paesi del Mediterraneo, nel 1970 scelsero Spigolizzi come loro dimora definitiva. Per trent’anni, nella quiete di Spigolizzi, la vita è stata scandita da lavori agricoli durante i quali avvenivano però anche importantissimi scambi culturali: si parlava di arte, archeologia, astronomia, politica e attivismo ambientale. Il ricordo e le tracce di quegli anni e delle esperienze sembrano echeggiare ancora oggi nelle stanze un tempo abitate da Norman e Patience, ora custodite con cura dagli attuali proprietari, Nicholas Gray e sua moglie Maggie Armstrong.
Salve [LE]
La struttura messa in evidenza è una cista litica, all’interno della quale sono stati individuati nove livelli relativi, i cui dati attestano che venne usata dal 3100 al 2300 a.C. La struttura megalitica servì a contenere i corpi di circa cinquanta individui e doveva avere carattere di monumentalità; inoltre, poco distante, una fossa testimonia come in loco avvenissero dei riti funebri e cultuali articolati.